L’entusiasmante “Fantino di Capo Artemisio”, in bronzo è praticamente unico. Fu rinvenuto a pezzi, in momenti diversi, nel mare al largo di Capo Artemisio tra il 1928 e il 1937 e in seguito ricomposto e integrato.
È opera di uno scultore rimasto anonimo ed è databile intorno al 140 avanti Cristo. È molto differente dai cavalieri che forse hai già visto sul fregio del Partenone e rappresenta molto bene la libertà espressiva dell’ultima grande stagione dell’arte greca, chiamata Ellenismo, un’arte cresciuta nelle sontuose corti di grandi monarchi eredi dell’impero di Alessandro Magno.
Il fantino è un ragazzino sui 12 anni che cavalca senza sella, calzando gli speroni sui piedi nudi, colto nell’alzare il braccio sinistro per lanciare il cavallo a briglia sciolta, mentre col destro lo frusta e si volge per controllare l’avversario nell’agitazione degli ultimi metri della volata finale. Il cavallo ha le narici dilatate, gli occhi sbarrati, le orecchie piegate all’indietro, la muscolatura tesa allo spasimo e sembra addirittura volare nell’ultimo disperato balzo verso il traguardo. Tutto esprime movimento.