GALLERIA SABAUDA

Il Quattrocento

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Durata file audio: 2:11
Autore: STEFANO ZUFFI E DAVIDE TORTORELLA
Italiano Lingua: Italiano
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Sei adesso negli spazi bianchi e luminosi della nuova Galleria Sabauda.

Un’occhiata all’orologio: per visitare bene tutto il museo metti in conto almeno un’ora e mezza.

Il museo è sostanzialmente diviso in quattro parti, e magari faticherai un po’ a orientarti tra le rampe di scale e i diversi piani, anche perché spesso nelle sale vengono organizzate delle mostre temporanee. Attualmente la Galleria è organizzata secondo l’ordine cronologico delle opere, e penso che apprezzerai un’innovazione dell’allestimento che consiste nell’accompagnarti di sala in sala riproducendo i volti degli artisti più importanti e dando indicazioni utili e sintetiche.

Entrando a destra, già nelle prime sale ti imbatti in alcuni dei tesori più preziosi del museo con capolavori italiani e fiamminghi del ‘’400. Ti raccomando in particolare un’accoppiata di opere da osservare confrontandole: sono da un lato la Madonna col Bambino di Beato Angelico e di fianco il San Francesco che riceve le stimmate in cui il grande maestro fiammingo Jan van Eyck ti trasporta in un paesaggio roccioso illuminato dalla luce radente.

Nelle sale successive puoi ammirare molte tavole a fondo oro, di gusto tardogotico; ti segnalo soprattutto le opere dei maestri toscani, fra le quali spicca per dimensioni e per finissima qualità esecutiva il Tobiolo e l’angelo Raffaele dei fratelli fiorentini Antonio e Piero del Pollaiolo. La stessa scena è dipinta da un altro pittore toscano del ’400, Filippino Lippi: infatti devi sapere che i commercianti e i banchieri fiorentini invocavano la protezione dell’arcangelo Raffaele per i viaggi all’estero dei loro figli. E non perderti, in una apposita saletta, la Sacra Famiglia, fascinosissima composizione di Andrea Mantegna.

 

CURIOSITÀ: Sai perché i dipinti fiamminghi del ’400 appaiono spesso più luminosi e scintillanti rispetto a quelli di altre scuole? Il merito è del modo con cui erano ottenuti i colori, cioè diluendoli nell’olio di lino, che li rendeva più fluenti e trasparenti rispetto alla tempera o all’affresco. La tecnica della “pittura ad olio” rimase a lungo un segreto gelosamente conservato dai pittori delle Fiandre, e si diffuse nel resto d’Europa solo dopo la metà del ’400.

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