Il Guggenheim, attuale icona architettonica della city, non sempre godette di buona fama; anzi, fu aspramente criticato prima, durante e dopo la sua edificazione.
Questo “tempio dello spirito”, che doveva permettere ai visitatori di ammirare in modo differente le opere d’arte qui riunite, fu infatti bersagliato verbalmente sia dai vicini residenti dell’Upper East Side, intimoriti da questa strana costruzione dalla forma cilindrica che si elevava e si espandeva, sia dai prestigiosi artisti che avrebbero esposto le loro opere al suo interno.
Nonostante ciò, questa originale struttura circolare che contrasta con l’architettura verticale e rettangolare degli immobili che la circondano, si è imposta nel panorama cittadino e i newyorchesi si sono ormai abituati alla sua candida presenza e a quella delle migliaia di turisti e appassionati in coda all’ingresso, come succede ogni giorno anche a Venezia, Bilbao e presto nella nuova sede ad Abu Dhabi.
Mentre osservi questo capolavoro architettonico, che si aggiunge a quelli racchiusi tra le sue pareti curve, ti sorprenderà sapere che furono proprio quest’ultime il motivo di maggior polemica. La loro forma arrotondata, infatti, unita all’inclinazione, che seguiva quella delle mura esterne, ostacolava non solo l’esibizione dei quadri, che tra l’altro venivano appesi con non poche difficoltà, ma anche la loro corretta illuminazione. A tali problemi tecnico-strutturali si cercò di porre soluzione, negli anni Novanta, con il primo restyling, durante il quale, dopo quasi sessant’anni di “oscuramento”, venne riaperto il lucernario superiore, nonché innalzata la torre posteriore che alloggia la collezione permanente.
Curiosità: Wright aveva concepito la visita del Guggenheim in modo diametralmente opposto a quella che si realizza nella realtà, cioè partendo dalla cima, attraverso un ascensore, e terminando al piano terra: non aveva però calcolato l’enorme afflusso di visitatori che, sin dall’inizio, rese improponibile tale percorso in discesa.