CAPODIMONTE

Seicento

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Durata file audio: 2:31
Autore: STEFANO ZUFFI E DAVIDE TORTORELLA
Italiano Lingua: Italiano
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Rimarrai stupito dalla ricchezza e varietà dei quadri seicenteschi di Capodimonte, grazie allo splendore della scuola pittorica napoletana dell’epoca, integrata da prestigiosi apporti di altre città italiane.

Una delle opere più ammirate del museo è la grande tela con la Flagellazione di Cristo, che Caravaggio dipinse nel 1606 durante il suo primo soggiorno a Napoli. Guarda che potenza drammatica e coinvolgente nel contrasto tra il muscoloso corpo di Cristo, investito pienamente dalla luce, e le figure parzialmente tenebrose dei carnefici, e osserva come la sofferenza del nobile volto di Cristo risalta ancora di più accanto alle smorfie volgari dei due aguzzini. In poche altre opere della storia della pittura il chiaroscuro si traduce, come qui, in pura emozione.

L’esempio del realismo di Caravaggio viene seguito da numerosi esponenti della scuola napoletana, fra cui lo spagnolo Jusepe de Ribera, detto “Lo Spagnoletto”: fra le sue opere di Capodimonte non dimenticherai facilmente la raffigurazione del Sileno ebbro, che continua a bere anche dopo essere caduto a terra ubriaco. L’atmosfera giocosa e la strabordante grassezza del protagonista ne fanno una delle opere più originali di pittura mitologica del ‘600.

Ben diverso è il tono classico, elegante e intellettuale, scelto dal bolognese Guido Reni per la tela Atalanta e Ippomene, dipinta intorno al 1625. Il pittore ti mostra un momento della gara di corsa fra l’imbattibile cacciatrice Atalanta e il furbo Ippomene, che distrae la rivale lasciando cadere a terra una dopo l’altra tre mele d’oro. Atalanta si ferma tre volte a raccoglierle, e Ippomene vince la gara. Invece di puntare sulla dinamica della corsa, Guido Reni sceglie di rappresentarla soffermandosi sull’incrocio dei corpi luminosi dei due avversari, nello sfondo bruno-azzurro del suolo e del cielo. Le anatomie levigate e perfette si incastrano in un gioco di gesti e rispondenze, fluido come una coreografia.  

 

CURIOSITÀ: Tra le poche donne pittrici della storia, Artemisia Gentileschi fu una delle più celebri e dotate. A Capodimonte puoi ammirare un suo capolavoro, Giuditta e Oloferne, che immortala l’istante in cui l’eroina aiutata da una compagna sta tagliando la testa al comandante nemico, fra orridi schizzi di sangue. Da ragazza, Artemisia era stata vittima di uno stupro, e i suoi dipinti raffigurano spesso una “rivincita” femminile contro i maschi, violentemente sconfitti e umiliati.

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